venerdì 17 aprile 2009

Tempo di conclusioni

Il tempo, che all'inizio scorreva lentissimo, negli ultimi due mesi è letteralmente volato via, ed ora mi ritrovo che mentre sto cercando di raggiungere, con qualche difficoltà, il mio ultimo obiettivo, un pezzettino di Bolivia, devo già pensare a come organizzarmi per un rientro rapido, prima a Mendoza e poi a Buenos Aires.
Queste ultime settimane mi sono passate davanti come un treno in corsa ed ho la sensazione di non essere riuscito a saltare su al volo. O forse proprio il contrario: sono saltato su al volo ma ho preso il treno sbagliato. Succede quando si fanno le cose di fretta.
Non posso dire di essere deluso, perlomeno non più di tanto, però me la sarei potuta giocare un po' meglio. Anche se i posti sono bellissimi ho trovato il nord dell'Argentina diverso da come me lo ero immaginato. Mi ero fatto l'idea di luoghi un po' più remoti, per così dire. E invece mi sono ritrovato di nuovo dentro il circuito del turismo internazionale, grazie a Dio perlomeno relativamente di bassa stagione, che mi ha quasi risucchiato. Qui i collegamenti sono buoni sulle rotte principali, ma uscirne in corsa non è semplice. Bisogna impegnarsi.
E luoghi remoti in realtà ci sono, ma non era facile arrivarci: il solito problema di muoversi coi mezzi pubblici. Però si, non era facile, ma forse non impossibile. Forse per una volta avrei dovuto spendere del tempo per studiare meglio l'itinerario a tavolino. Non tanto per stabilire dove andare, ma piuttosto dove evitare di andare. Sicché negli ultimi tempi mi sono mosso in un modo e con dei ritmi che non sempre erano i miei. Il tempo che iniziava a stringere e l'inevitabile necessità di dover cominciare a fare dei calcoli e delle scelte mi hanno messo un po' in affanno e reso poco lucido, e non sono riuscito a trovare il momento buono per dare il colpo di reni e tirarmi fuori da questo piccolo vortice.
Non è certamente una tragedia, comunque.
Tecnicamente l'errore è stato quello di lasciarmi troppo poco tempo per il nord. Non perché ne abbia perso troppo tempo al sud. Laggiù mi sono mosso benissimo. Avrei semmai dovuto continuare a risalire con lo stesso ritmo, dedicando la stessa attenzione che avevo dedicato al ventoso sud fueguino e patagonico a tutti i posti dove sarei passato, arrivando alla fine semplicemente dove mi avrebbe portato il viaggio stesso.
Ma del resto il mio desiderio di salire al nord era reale, avevo davvero voglia di assaporare paesaggi ambienti e climi differenti. Probabilmente allora, una volta realizzato che ero completamente appagato dal sud, più o meno dopo aver visto il Cerro Torre, sarei dovuto salire con semplici e veloci tappe di trasferimento. L'errore è stato quel periodo di transizione troppo lungo, che non è stato né un trasferimento né una fetta di viaggio pienamente vissuto. Diciamo meglio che l'errore è stato di considerare il tempo a mia disposizione come indeterminato, e invece non lo era. Era tanto, ma non infinito. Ma va bene lo stesso, guardo il lato positivo: probabilmente ho imparato di più in questi ultimi due mesi che in tutto il resto del viaggio.
Ho imparato a viaggiare. O meglio, ho imparato come devo farlo io. Devo seguire il mio istinto, c'è poco da fare. Mi dà sempre i suggerimenti giusti, sono io che qualche volta insisto a non dargli fiducia e a farmi condizionare da quello che fanno gli altri. Vedere compagni di viaggio occasionali e di tratti di percorso parziali salutarmi e andare via a doppia velocità rispetto alla mia, anche i più lenti che ho incontrato, qualche volta mi metteva addosso qualche dubbio. Mi veniva da pensare certo, per una volta che sono in Sud America come posso non vedere anche il tale posto e il tal'altro. Bene, bisogna scegliere: o collezionare posti o seguire il proprio ritmo. Io ho cercato di seguire il mio ritmo, ma a volte però sono caduto nella tentazione del collezionista.
Comunque in un viaggio di mesi non ci si può muovere come in un viaggio di settimane. E' un'altra cosa. Il viaggio di settimane si, probabilmente è fatto soprattutto per vedere posti, il viaggio di mesi non solo. Non si possono passare mesi a macinare mete una dopo l'altra. Ogni tanto bisogna fermarsi, solo per fermarsi. Per prendere fiato, per mettere un po' in ordine, se no resta solo una gran confusione.
Il modo in cui mi sono mosso nei primi mesi assomiglia molto al mio viaggio ideale. L'itinerario a spirale sbilenca va benissimo. E' il mio. Ma potrebbe essere il mio anche un itinerario rettilineo. Qualsiasi forma abbia, rettilinea, a spirale, a trapezio, puntiforme, di traverso, verticale, all'indietro, l'importante è che sia il mio.
E va benissimo, per il mio viaggio, avere obiettivi diversi dal solo vedere posti. E spenderci tempo, anche molto. Seguire le tracce di qualcuno: l'idea era ottima. Solo che avevo scelto di seguire le tracce di uno come De Agostini, e sfido chiunque a stargli dietro. Ma ci sono mille cose interessanti in ogni posto in cui ci si ferma, di tracce da seguire e di storia e storie da conoscere ce ne sono un'infinità. Fermarsi in un posto e scoprire cosa c'è dietro ha tutto un altro sapore. Spenderci tempo chiedendo, informandosi, parlando, è un modo straordinario per entrare in contatto con la gente e conoscere l'anima di un luogo. Di qualsiasi luogo.
I miei compagni di viaggio delle ultime settimane studiavano molto l'itinerario a tavolino e spesso, riferendosi a determinati posti, li ho sentiti dire: qui non c'è niente. Solo per aver letto la guida. Al di là delle tante magnifiche bellezze naturali che ho visto, i posti in cui mi sono sentito meglio, parlo del mio stato d'animo, sono stati alcuni di quelli in cui "non c'era niente".
I miei primi mesi di viaggio semmai sono stati inquinati dalle aspettative, e anche da un po' di affanno, che mi ero portato da casa. Cercavo un'alternativa ed avevo la vaga illusione di poter di fare di questo viaggio un lavoro completo e presentabile. Quando ho capito che le idee che avevo non erano realizzabili la delusione non mi ha permesso di capire che perlomeno avevo scoperto il mio modo perfetto di viaggiare. Mi ha appassionato davvero indagare, accumulare materiale, passare tempo a mettere in ordine gli appunti vari, come fosse stato un lavoro.
A guardarli ora i miei progetti iniziali erano veramente ingenui e irrealizzabili. O troppo generici e vaghi, oppure assolutamente fuori dalla mia portata fisica ed economica. Non si può partire con idee così generiche e sperare di tirarne fuori qualcosa di buono. Almeno non può farlo uno come me, così lento a leggere quello che sta succedendo e così poco pronto a cambiare rotta al volo.
Per esempio, ora che conosco meglio questa realtà e so molto meglio come muovermi, ho in mente almeno due idee per lavori fotografici e di documentazione. Questa volta si tratta di progetti precisi, delimitati, con un inizio e una fine, e alla mia portata. Tranne che finanziariamente: i soldi a mia disposizione finiscono qui.
Voglio anche dire che durante tutto questo viaggio non mi sono mai sentito in vacanza, tranne nei pochi giorni in cui mi sono deliberatamente dedicato al puro e semplice riposo, senza pensare a niente. La gente, per inquadrarmi, mi chiede se sono qui per lavoro o "de vacaciones". Io rispondo de vacaciones, ma in realtà non mi sento dentro a questa categoria. E' una fortuna potersi permettere un viaggio come questo, sono d'accordo, ma non si tratta di una vacanza. Non vorrei usare parole troppo retoriche ma non so se ne sarò capace. E' stato un lavoro continuo, dal primo giorno fino all'ultimo. Un lavoro non retribuito e senza finalità economica. E, perché no, piacevole. Quasi sempre, ma non sempre. Un lavoro di apprendimento, di conoscenza esterna ed interiore. Che comporta la necessità di rendere più elastica la propria mente. Non è stata un'avventura estrema ma lo stesso è stato fare i conti con i miei limiti e provarli sul campo. Conoscerli, riconoscerli, qualche volta superarli e qualche volta dover mettere il segno e fermarsi lì. Mi sono sempre impegnato molto.
Le conclusioni definitive le tirerò alla fine. Però ora che ho imparato tutto questo sarebbe un peccato non poter ripetere l'esperienza.

3 commenti:

  1. non esistono luoghi socialmente inesplorati

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  2. 01. Il mondo che vorrei

    Ed è proprio quello che non si
    Potrebbe che vorrei
    Ed è sempre quello che non si
    Farebbe che farei
    Ed è come quello che non si
    Direbbe che direi
    Quando dico che non è così
    Il mondo che vorrei

    Non si può
    Sorvolare le montagne
    Non puoi andare
    Dove vorresti “andare”
    Sai cosa c’è
    Ogni cosa resta qui
    Qui si può
    Solo piangere
    E alla fine non si piange neanche più

    (instrumental)

    Ed è proprio quando arrivo lì
    Che già ritornerei
    Ed è sempre quando sono qui
    Che io ripartirei
    Ed è come quello che non c’è
    Che io rimpiangerei
    Quando penso che non è così
    Il mondo che vorrei
    Non si può
    Fare quello che si vuole
    Non si può spingere
    Solo l’acceleratore
    Guarda un po’
    “Ci si deve accontentare”
    Qui si può
    Solo perdere
    E alla fine non si perde neanche più
    La La La

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  3. Ciao Ric, fammi sapere se avrai bisogno che ti si venga a prendere. A presto.
    Raf

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