giovedì 12 febbraio 2009

Gli ultimi giorni in cinque parti

Le montagne da vicino
A El Chalten ho trovato bel tempo e le montagne si sono quasi sempre mostrate senza pudore. Ho dedicato una giornata a una lunga camminata fino ai punti di osservazione più avanzati raggiungibili dai comuni mortali, poi dei cartelli avvisavano che potevano spingersi oltre solo gli autorizzati, cioè gli scalatori o i trekker di grande talento. Ne ho visti alcuni salire verso il campo base del Fitz Roy. Vederli diventare dei puntini sempre più piccoli rendeva molto bene il senso della dimensione della montagna.
Il Cerro Torre ha continuato a calamitarmi lo sguardo e mentre tornavo indietro non potevo fare a meno di voltarmi di continuo a guardarlo e riguardarlo. Ha un che di impressionante quella montagna.
Qui c'è un filmato di uno che il Torre l'ha visto molto più da vicino:

Ho fatto molta strada, me lo sono potuto permettere perché sono andato leggero. Ho rispettato i tempi di percorrenza indicati dalle cartine. Ma anche qui, come al Paine, sono tempi calcolati su un buon passo di uno che va senza troppo peso.
In ogni caso, in vista della probabile traversata a pieno carico che mi attendeva due giorni dopo, ho verificato che le gambe andavano abbastanza bene. I piedi, come al solito, molto meno. Dovrò fare qualcosa per i miei piedi quando torno, perché sono stanco di camminare sempre sopportando dolori. La prova più dura però sarebbe stata per le spalle, e quelle le ho risparmiate. Pensavo a quelli che avevo visto andare su verso il campo base, stracarichi e apparentemente come niente fosse: loro la mia traversata l'avrebbero fatta di corsa e col doppio del peso. Avrebbero lasciato indietro pure i cavalli.
Ho passato l'ultimo giorno a El Chalten riposandomi e preparandomi mentalmente a fare il lavoro del cavallo. In certi casi conta più la testa delle gambe. Ho preferito non far conto sulla presenza equina, tanto più che mi era stato detto che quasi sicuramente i cavalli non li avrei trovati.
Nonostante la bellezza delle montagne e dei ghiacciai ero stanco di quella parte di Patagonia così turistica, dove mi sentivo come un pollo da spennare. Per abbandonare i panni del pollo ero disposto ad indossare per un giorno quelli del cavallo.



i puntini dentro al cerchio rosso sono gli intrepidi che salgono verso il campo base, e la montagna è ancora abbastanza lontana


L'attraversamento del confine

La traversata prevede questi passaggi: 37 chilometri con un pulmino da El Chalten fino al lago del Desierto e attraversamento del lago suddetto con una lancia (tutto a pagamento, e piuttosto salato). Sull'altra sponda del lago la gendarmeria argentina e i soliti controlli e timbri. Poi il famoso tratto da fare a piedi o a cavallo, che inizialmente mi era stato indicato come di 15 chilometri e che poi erano saliti a 18. Fino ad arrivare prima alla gendarmeria cilena, altro timbro sul passaporto, e poi all'estancia Candelario Mancilla, sulla sponda del lago O'Higgins. L'estanciero di Candelario Mancilla è quello che di solito si presenta coi cavalli alla gendarmeria argentina e si offre di trasportare persone e/o bagagli fino al lago O'Higgins. Dal lago O'Higgins altra imbarcazione fino a Villa O'Higgins, il villaggio più meridionale del Cile, sul versante occidentale della cordigliera (lato Pacifico), raggiungibile via terra.
Il tipo dell'agenzia di El Chalten che mi aveva venduto il passaggio in pulmino fino al lago del Desierto mi aveva dato diverse informazioni che poi si sono rivelate imprecise o completamente sbagliate. Mi aveva detto che sicuramente non avrei trovato i cavalli perché quello era proprio il giorno in cui sarebbe cambiato il contingente nella gendarmeria argentina. Siccome, mi ha detto, i cavalli dell'estanciero di Candelario Mancilla non sono perfettamente in regola con le norme veterinarie argentine, molto difficilmente costui si sarebbe presentato senza prima aver fatto la conoscenza con il nuovo comandante ed appurato la sua disponibilità a chiudere un occhio. E, pur avendomi detto che si trattava di un suo buon amico, aveva tuttavia dipinto l'estanciero come una persona poco affidabile e molto attratta dal denaro, tanto che se gli capitava qualche turista disposto a pagare meglio per altre escursioni a cavallo non si faceva problemi a non mantenere gli impegni già presi. Ed ha aggiunto che si sarebbe fatto comunque pagare la tariffa intera del trasporto, anche se avesse caricato sul cavallo solo lo zaino e io fossi andato a piedi.
Mi è sembrato un modo un po' strano di dipingere un buon amico. Mi ha lasciato perplesso anche il fatto che uno che si fa pagare qualcosa come venti euro per un passaggio di 37 chilometri possa definire qualcun altro "molto attaccato al denaro". Se tanto dava tanto, quanto mi sarebbe costato mai il passaggio a cavallo?
L'ultima informazione che mi aveva dato il tipo dell'agenzia era che circa a metà del cammino avrei incontrato una laguna, chiamata laguna Larga, posto molto bello, e mi aveva suggerito di piantare la tenda e passarci la notte.
Sapendo tutto ciò, e non sapendo che non era vero quasi niente di tutto quel che sapevo, la mattina di non mi ricordo più che giorno mi avvio, carico mentalmente e determinato a farmela tutta a piedi.
Il lago del Desierto è un posto bellissimo. E' stato oggetto di un'ennesima disputa territoriale tra Cile e Argentina alla fine degli anni 70. Credo sia entrata nel pacchetto di territori contesi quando ci fu la quasi guerra per le tre isole in fondo al canale di Beagle. Non so perché si chiami così, di desertico non ha niente, essendo circondato da boschi e montagne, con la presenza imponente del Fitz Roy sullo sfondo.
Si attraversa con un catamarano, che non è molto grande, però ancora mi chiedo come abbiano fatto a trasportarlo lassù.
Alla gendarmeria argentina come previsto non vedo cavalli. O meglio, ne vedo, ma sono quelli dei gendarmi. Faccio gli ultimi preparativi al bagaglio, cercando di ripartire il peso nel modo migliore, infilando tutto il possibile nello zaino grande, agganciando dietro lo zaino piccolo, vuoto, e davanti la borsa della macchina fotografica. Carico il macigno sulla schiena e nel momento in cui muovo il primo passo esce un gendarme e mi dice che c'è un tipo coi cavalli che può trasportarmi fino al lago O'Higgins! Ma come?! E il cambio del contingente? E le norme veterinarie? Insomma i cavalli c'erano, solo stavano parcheggiati un po' più in alto, fuori dalla mia vista. Ma io ero carico (nella volontà e anche sulla schiena, in quel momento) e determinato e la notizia non mi ha scalfito. No grazie, vado a piedi, ho detto. Soprattutto mi attraeva molto l'idea di passare la notte in tenda sulla laguna Larga, per una volta da solo in mezzo alla natura.
Così mi avvio. La prima ora è stata la parte più dura, e in questo l'informazione che avevo era corretta. Ma andavo su bene, nonostante il peso: è proprio vero che è tutta questione di testa. Facevo tre quarti d'ora di marcia e un quarto d'ora di sosta, per riposare le spalle.
Poi la seconda sorpresa: la laguna Larga. Va bene che il passo era buono ma non potevo essere già arrivato a metà strada. E il posto non era così bello come mi era stato descritto: chiuso in fondo a una valle stretta, era tutt'altro che allettante passare la notte lì. Pare che ci siano delle trote enormi, ma la cosa non mi interessava minimamente. Soprattutto era poco più di un'ora che camminavo e fermarmi lì sarebbe stata una pessima ripartizione dello sforzo, il giorno dopo mi sarebbe rimasta un sacco di strada da fare. Per cui vado oltre, a quel punto pensando di provare ad arrivare direttamente al lago O'Higgins, o comunque più avanti possibile, che di posti migliori per piantare la tenda ne avrei trovati di sicuro.
Faccio un altro po' di strada e sento dei rumori da dietro. Mi volto e vedo spuntare il muso di un cavallo. Era il famoso estanciero di Candelario Mancilla che tornava indietro con la sua carovana di cavalli senza nessuno a bordo. Era stato avvertito, non so da chi, che c'erano quattro persone da trasportare e si era presentato regolarmente all'appuntamento, ma di persone da caricare non ne aveva trovata nessuna.
L'entrata in scena dei cavalli ha rimesso le cose a posto. I cavalli sono tornati ad essere cavalli ed io sono tornato ad essere io e non più un cavallo. In quel momento ho sentito tutta forza di gravità terrestre concentarsi sulle mie spalle ed ho realizzato quanto pesava veramente lo zaino. E' stato come se la mano della provvidenza, o della forza di volontà, che me lo aveva sostenuto fino a quel momento avesse mollato all'improvviso. Tutta la preparazione mentale del giorno prima è crollata in quel preciso istante, e non ci sarebbe più stato niente da fare per rimettere insieme i pezzi. Se avessi lasciato andare via quei cavalli senza appioppargli il mio zaino non ce l'avrei più fatta ad arrivare fino in fondo. Mi sono fatto trasportare lo zaino senza neanche chiedere il prezzo (semmai vendo casa, ho pensato). Il tipo mi ha offerto di salire a cavallo, gli ho detto che non avevo mai cavalcato. Beh, prova, mi ha detto. E così ho cavalcato per qualche centinaio di metri, tanto per poter dire di aver fatto pure questa.
Nel punto in cui sono sceso dal cavallo mi ha detto l'estanciero che mancavano ancora 14 chilometri. Sono stati i 14 chilometri più leggeri della mia vita. Senza più il massiccio di granito sulle spalle mi sembrava che la forza di gravità si fosse invertita e mi spingesse dal basso verso l'alto. Me li sono goduti tutti quei chilometri, in tutta calma, fermandomi a guardare il paesaggio, bellissimo, o a sdraiarmi su un prato ogni volta che mi andava. Allego una foto scattata senza scomodarmi dal mio punto di osservazione durante una delle mie soste.
Mentre camminavo ho fatto due conti, e non mi sono tornati. Se dal punto in cui il cavallo aveva rilevato il mio zaino mancavano ancora 14 chilometri significava che fino a lì ne avevo fatti solo 4. Per quanto sovraccarico ero sicuro di averne fatti di più.
Arrivato alla gendarmeria cilena ho chiesto quanto fosse lungo il percorso tra i due laghi: erano 22 chilometri, e non 18 come mi aveva detto il tipo di El Chalten. Quattro chilometri in più non sono pochi se uno pensa di affrontarli a pieno carico. Forse se avessi saputo la distanza esatta non avrei pensato di affrontare la traversata, e quindi non avrei comprato il passaggio col pulmino... insomma ho iniziato a mettere in dubbio la buona fede del tipo.
E finalmente arrivo all'estancia, giusto all'ora di cena, in discrete condizioni, dove ritrovo lo zaino che stava ad aspettarmi. Trovo anche una bilancia e mi tolgo lo sfizio di pesarlo. Ci sono rimasto male: 35 chili, non pensavo così tanti. Ne avevo stimati un po' più di 25, e il resto pensavo che fosse la mia fiacca. Se avessi avuto nella testa questa consistenza numerica, e anche la corretta consistenza numerica del chilometraggio, probabilmente non mi sarebbe neanche passata per la mente l'ipotesi di farmela tutta a piedi a pieno carico.



il trekking come piace a me

Candelario Mancilla
La lancia che naviga sul lago O'Higgins fa un servizio misto: escursione sul ghiacciaio O'Higgins (tutto si chiama O'Higgins, intorno a quel lago) e servizio di collegamento con l'estancia Candelario Mancilla. Il tutto con un'unica navigazione. Parte la mattina da Villa O'Higgins imbarcando escursionisti diretti al ghiacciaio e camminanti (ma anche pedalanti e cavalcanti) diretti a El Chalten, che andranno a fare in direzione contraria lo stesso percorso che ho fatto io. Un primo scalo a Candelario Mancilla per scaricare i gli avventurosi camminanti, partenza per il ghiacciaio con i comodi escursionisti, secondo scalo all'estancia per caricare gli avventurosi provenienti da El Chalten e ritorno a Villa O'Higgins.
L'estancia Candelario Mancilla comunica col resto del mondo solo via radio, e fin dal mattino, via radio, era arrivata la notizia che la lancia era piena di escursionisti per il ghiacciaio e a bordo non c'era nessun ulteriore posto libero.
Ci sono rimasto male prima di tutto perché pensavo che questo versante della patagonia fosse molto meno frequentato. Comunque il verdetto finale era previsto per le cinque del pomeriggio, quando la lancia sarebbe ripassata. Le speranze erano poche, ma magari qualcuno scendeva e si liberava qualche posto. Non è accaduto e così sono stato condannato a passare un'altra giornata a Candelario Mancilla. Sono anche stato fortunato perché la stessa sorte è toccata ad altri otto avventurosi, tra camminanti e pedalanti, che come me provenivano da El Chalten, i quali, sommati ad un'altra orda di escursionisti per il ghiacciaio che attendeva a Villa O'Higgins, hanno fatto si che si raggiungesse un numero di passeggeri sufficiente a rendere conveniente una navigazione fuori programma per l'indomani. Altrimenti i giorni di attesa sarebbero stati due. Ma c'era sempre l'incognita del cattivo tempo. In teoria potevo rimanere bloccato lì anche per una settimana.
Ho vissuto tutta la parte dell'attesa con disappunto. Non ho ancora imparato a liberarmi dal peso dalle aspettative e dei programmi fatti. Poi, quando il verdetto è diventato definitivo, mi sono dovuto rilassare per forza, e allora ho iniziato a guardare la mia prigione con occhi diversi. E mi sono dato del cretino: non c'era niente di meglio che rimanere bloccati in un posto come quello.
Ho passato la mia giornata di prigionia a fare niente in un posto spettacoloso.
E' una piccola estancia che sta appena sopra alla riva del lago, protetta dal vento da una rupe e da alcune file di pioppi, piantati dal fondatore, il nonno dell'attuale estanciero. Per la prima volta dopo due mesi ho rivisto degli alberi da frutto ed un quasi orto. La mattina facevo colazione con il latte appena munto e con pane e marmellata fatti in casa. La famiglia estanciera mi ha trattato come uno di casa. In poche parole me la sono goduta.
E, per concludere l'elenco delle informazioni sbagliate che mi aveva dato il tipo di El Chalten, il soggiorno all'estancia mi è costato pochissimo e il trasporto dello zaino non mi è costato niente.



la mia prigione




la vista dalla mia prigione

Villa O'Higgins
La navigazione sul lago è stata un po' movimentata: c'era vento forte e onde che non avevano niente da invidiare a quelle del mare.
A Villa O'Higgins si ha l'impressione di trovarsi in un posto remoto ancora più che a Puerto Williams. Non c'è una banca e nemmeno un ufficio di cambio. Per fortuna, sospettando ciò, avevo fatto scorta di pesos cileni fin da Punta Arenas. Il camion che porta le scorte varie aveva qualche giorno di ritardo e nei negozi c'era un assortimento molto limitato di qualsiasi genere, alimentare e non.
Anche qui mi sono dovuto fermare un giorno in più, in attesa del bus. Ho provato a cercare un passaggio, l'avrei anche trovato, ma il gentile signore mi ha chiesto la bellezza di 50 euro per il disturbo. Ma dopo Candelario Mancilla ormai ero rilassato e il giorno di attesa l'ho preso nel modo migliore, zonzando su e giù per Villa O'Higgins, che non è sicuramente un posto stressante.



navigando sul lago O'Higgins

Verso Nord lungo la Carretera Austral
Il mio proposito era quello di fare la tappa successiva a Caleta Tortel, un villaggetto di pescatori descritto come assai pittoresco, sulla sponda di un fiordo a un centinaio di chilometri da Villa O'Higgins. Era tanto tempo che avevo messo gli occhi su questo posto, parlo di anni, ed era una delle mete che in questo viaggio non volevo assolutamente farmi mancare.
Ma solo a Villa O'Higgins ho incontrato almeno altre venti persone che sarebbero andate a Caleta Tortel. Ho iniziato ad immaginarmi un altro posto dove ci sono più turisti che abitanti e l'entusiasmo è molto diminuito.
Allora di nuovo ho cercato di capire cos'è che desideravo davvero fare, cercando di mettere da parte progetti propositi e aspettative vecchie di mesi o anni. Ho capito che quello che desideravo di più era salire verso nord. Che ormai il sud, la Terra del Fuoco e la Patagonia, in questi mesi mi avevano dato tutto quello che potevano darmi e che ora ero attratto da un altro tipo di ambiente.
E quindi ho deciso di rinunciare a Caleta Tortel e di salire verso nord più velocemente possibile. Sono stato persino orgoglioso della mia decisione: finalmente ho iniziato a sentirmi con la testa più libera.
Certo la risalita sarà veloce fino a un certo punto. Ho fatto conoscenza con la Carretera Austral ed è stata una conoscenza abbastanza scoscesa. Finora ho percorso solo il tratto fino a Cochrane, dove mi trovo attualmente. E' una strada sterrata, se due mezzi si incrociano uno dei due deve farsi da parte, piena di buche, di curve e di saliscendi. Ma attraversa uno scenario selvaggio di monti, boschi, vallate, fiumi, rocce, laghi, fiordi da rimanere a bocca aperta. Da Villa O'Higgins a Cochrane sono state otto ore di viaggio e alla fine ho dovuto rimettere insieme i pezzi di stomaco che erano andati dispersi. Anche qui devo fermarmi un giorno in attesa del prossimo bus verso nord, ma il mio stomaco ringrazia, nel frattempo che vado a zonzo per il paese, un po' più grande di Villa O'Higgins, a gurdarmi intorno e a fare due chiacchiere con la gente che incontro.

2 commenti:

  1. la foto del "trekking come piace a te" è straordinaria! si percepisce il fresco dell'erba sul collo e l'odore delle tue solette sintetiche...

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  2. Puoi davvero essere padrone del tuo tempo...e della tua vita.Ti invidio sai,nel senso buono ,sento che te la stai godendo anche nelle difficoltà e ti ammiro buon viaggio Dania Raf

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